Riflessioni e Prospettive
L’incontro con l’Altro oggi, è contaminato da sentimenti di diffidenza e di paura, tali da indurre a considerare il proprio simile minaccioso e pericoloso. Lo stesso concetto di “affetto” è stato ridotto ad una dimensione istintuale e sessuale, perdendo la capacità di trascendere il suo determinismo biologico. Il prolungarsi dell’adolescenza fino a tarda età adulta, genera un invischiamento con le figure primarie d’affetto, causando spesso una confusione di identità, una mancanza di riconoscimento in sé stessi, il quale determina a sua volta una forte difficoltà di creare legami affettivi stabili, reciproci, condivisi e corrisposti. La psicopatologia dei legami affettivi, oscilla, senza trovare equilibrio, tra confusione ed identità, la possibilità delle persone di vivere le loro relazioni affettive in condizione di dipendenza, a volte rispecchia esperienze affettive rivolte ad un eco del proprio nucleo familiare. In questa dimensione, si manifesta la difficoltà di distinguersi e differenziarsi per diventare autonomi e responsabili del proprio progetto di vita. Il fenomeno odierno, purtroppo spesso ci conduce in terrificanti realtà, che come uomo mi portano in una dimensione di vergogna e macabro stupore. I cosiddetti “bamboccioni”, ovvero i giovani trentenni frutto di un’epoca caratterizzata da precarietà ed instabilità, non sono più capaci di poter progettare la loro vita per garantirne la continuità generazionale, generando distress, sentimenti di scoramento e frustrazione. Quest’ultima, ha un posto privilegiato in questo argomento, gli stili educativi sempre più accondiscendenti e poco autorevoli, conducono alla mancanza di gestione delle frustrazioni. Il volere tutto e subito, la mancanza di pazienza, la mancanza di empatia e reciprocità, il che si riflette sulle relazioni, le quali spesso vertono sul controllo, sul potere sfrenato e folle di prevalere sull’altro. I bisogni di controllo e di potere, possono elevarsi talmente tanto da condizionare tutta la loro esistenza fino a spingersi alla soppressione e distruzione delle persone ritenute oggetti da possedere e non un proprio simile. Mi rammarica dire, che spesso il quadro espresso conduce alle forme più vili e atroci di crimini che stiamo vivendo, i femminicidi, ma non solo, poiché molte forme indirette, come induzione al suicidio, spesso non vengono narrate. Le forme relazionali tossiche, dipendenze e co-dipendenze, sono alla base di un problema odierno molto più grande. Negli uomini, troviamo questo tipo di formule violente, ma allo stesso tempo non vi è altro che un sentimento di dipendenza estrema, che magari nel sesso femminile, si manifesta attraverso forme iper-controllanti e di struggimento patologico, tuttavia in misura minore sfocia in forme vili e violente. Il fenomeno della dipendenza nelle relazioni affettive oggi, può rappresentare uno degli aspetti tossici, che è alla base di questa riflessione.
A questo punto dovremmo porci la domanda siamo realmente innamorati? O siamo solo schiavi dell’oggetto d’amore? Amiamo cosi tanto da poter far male? Queste sono quelle domande che possiamo porci, quelle domande che possono salvarci e condurci verso relazioni sane.
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